"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

sabato 26 dicembre 2009

Il Tricheco di Marilyn Monroe


Betty La Talpa aveva un debole per le mascherine antismog. Anche quand'era in casa non se ne faceva mai mancare una scatola intera. Diceva che le davano un tono più mitteleuropeo. Ed era da immaginarsela Betty La Talpa col suo culo sodo e i suoi occhi color mogano, che cucinava pollo al curry indossando una delle sue immancabili maschere antismog. Una sera mentre rincasava dopo una lezione di cucito acrobatico, si infilò le sue pantofole di spugna al profumo di vaniglia, entrò nella stanza dei giochi ed indossò una mascherina antismog. Proprio in quell'istante sentì suonare alla porta. Bettty La Talpa fu presa da un improvviso spavento, sobbalzò per un attimo ed il cuore iniziò a battere frenetico. Non si era neanche accorta che la sua maschera antismog si era spostata di sbiego, e le lasciava scoperta una parte delle sue labbra carnose. Betty La Talpa si diresse con passo felpato verso la porta, lentamente, la respirazione ritmata, semicromatica. Sbirciò dallo spioncino, era proprio lui. Betty La Talpa portò gli occhi la cielo. Era stremata, non sopportava più quella situazione infernale a cui era ormai costretta. Fece un lungo sospiro ed aprì. Fuori un uomo sulla mezza età, completo di tessuto scozzese su cravatta giallo canarino. Anfibi militari che coprivano i pantaloni acrilici e mutandoni argentati. La sua faccia di tricheco cozzava visibilmente con la sua pettinatura alla Marilyn Monroe. Era l'ingegner Albatros Karagoriki. Con la sua voce stridula le sussurrò "Betty la tua auto nuova è in divieto di sosta se non provvederai tempestivamente a riverniciarla mi vedrò costretto a leccarti tutti i tuoi capezzoloni". Betty La Talpa si fece in dietro, risistemo la sua mascherina antismog ed abbasso il capo, nel giro di 2 secondi scoppiò in un pianto fragoroso, si disperava, piangeva all'inverosimile, i suoi singhiozzi si udivano sin dalla cucina dell'appartamento affianco dove il medico Ramboni era occupato ad eliminare le macchie di aglio dagli interstizi delle mattonelle. L'ingegner Albatros Karagoriki, come tutti gli ingegneri di origine lucana era insensibile al pianto di una donna, ma il suo punto debole erano gli orli delle camice. Nel suo appartamento tempo addietro furono scoperti dopo una retata della polizia postale, centinaia di riviste di orli di camice di minorenni. Quella volta se la cavo pagando la polizia postale. Mentre Betty La Talpa piangeva disperata L'ingegner Albatros Karagoriki si inginocchio ai suoi piedi e come estasiato da quella visione erotica, inizio a succhiare voracemente l'orlo della camicia di Betty La Talpa, la gettò a terrà ed iniziò a strofinarsi su di lei, che continuava a piangere più forte di prima "Lasciami brutta faccia da tricheco!". L'ingegner Albatros Karagoriki non ci vide più le strappò la camicia e corse via gridando come un invasato per la rampa delle scale. Era da immaginarselo l'ingegner Albatros Karagoriki, faccia da tricheco che gridava per le scale con una camicia da donna in bocca. Arrivato al pian terreno l'ingegner Albatros Karagoriki si fermò di scatto, ed una voce gli risuono violenta, martellante nella testa. Era la voce disumana di Betty La Talpa che le ripeteva "Faccia da Tricheco", era avvilito posò la sua guancia sull'asfalto caldo ed iniziò ad imitare il verso di un noto presentatore televisivo e fu proprio mentre dei bambini urinavano nei suoi anfibi militari che prese coraggio. Si diresse verso il citofono della palazzina, iniziò a scorrere tutti i nomi ed arrivo finalmente: Betty La Talpa. Suonò. Betty rispose con voce sinuosa "Sii?" L'ingegner Albatros Karagoriki esitò un monento, poi aggiustatasi la sua messa in piega esordì:"Potrai pure chiamarmi faccia da tricheco, ma ricordati che in me c'è l'ardore di Marilyn....." e soffiando nel citofono profuse soave "Monroee.."
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domenica 20 dicembre 2009

Storia di un aldilà


Non ricordo esattamente il giorno in cui sono nato, non ricordo esattamente il giorno in cui mi sono ritrovato qui in questa strana ampolla. Davvero molto strano, è come un incantesimo il ritrovarsi qui dentro, come se tutto d'un tratto pouf! ti ritrovi qui vivo in questa forma, in questo corpo. Per poi finire chissà dove. Un posto narcotizzato, è questa l'impressione che mi sono fatto di tutto ciò, è una vita fatta di pace inverosimile, di vuoto, di silenzi di pareti silenziose, di gabbie elasticizzate. ogni tanto mi pare di sentire rumori venir fuori dal mondo. Ogni tanto sento dentro di me strane voci, non so più se sono miei io deformi, se sto diventando pazzo, non so neanche perché sono qui, chi sono, mi sento di non appartenermi, di essere legato totalmente ed inestricabilmente a qualche oscura forza superiore. Tutto qui è una continua danza tantrica, un incessante ritmo ossessivo. Sento che la mia ora sta per arrivare, sento che i miei giorni qui dentro stanno per terminare, sento che è la fine. Ho paura, non so cosa ci sarà poi, forse semplicemente niente. Che senso ha aver vissuto tutto questo inutile tempo a vagare senza meta per questo acquario. Mi sento mancare le forze, mi sento tutto d'un tratto prosciugato, intontito soffocato, tutto sta per terminare ed io non so neanche che razza di senso abbia avuto, quando è stato il giorno in cui mi sono ritrovato qui dentro. E dopo? magari ritroverò tutte queste voci confuse nella mia testa, i miei angeli custodi che mi guideranno per qualche paradiso. Chissà se ricorderò qualcosa di tutto questo mondo assurdo. Sta per finire, l'acqua intorno a me sta diminuendo lo sento, soffocherò, morirò in modo atroce, tutto sta per cadermi addosso e le forze mi vengono meno. La fine, eccola quindi, le ultime gocce d'acqua stanno per scomparire verso questo canale prosciugatore ed io? non posso rimanere qui a marcire, devo trovare una via d'uscita o impazzirò qui dentro. Sento l'aria mancare, devo dirigermi verso quell'oscuro tunnel, dove è scomparsa tutta quell'acqua magari è lì il paradiso, l'immenso mare in cui annegare, si vado è l'unica speranza, inizio a scivolare nelle pareti viscide del tunnel facendomi strada sfinito passo dopo passo, vedo una luce lì in fondo ecco sto per vederla, la beata fine, eccola! Sento tirare il mio filo della pancia, non posso andare oltre, devo scegliere, o tirare definitivamente il mio filo, spezzarlo e tuffarmi nel mare della tranquillità o rimanere qui, attaccato a questo assurdo mondo, in fondo l'ho amato questo mondo, in fondo mi mancherà, mi giro a vederlo un'ultima volta, una piccola lacrima mi solca la guancia. Mi rigiro, quella luce e immensa non posso resistere, mi tuffo. Il tubo si stacca. La luce!...
Una strana creatura, enorme, mi prende delicatamente. La luce mi abbaglia, sono frastornato, cos'è? tutto questo? dove sono? La strana creatura mi capovolge a testa in giù mi sento colpire e d'improvviso una sensazione mai provata prima. Sento infilare dentro di me del vento, e poi uscire fuori violentemente. Terribile ed allo stesso tempo meraviglioso, non posso più smettere ecco ora piango piango fragorosamente, è fatta ora posso nuotare, è fatta respiro!
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mercoledì 16 dicembre 2009

Ma cosa vuoi che ti dica


Alle volte devo apparire davvero strano, alle volte mi dico, ma io sono pazzo. Il fatto è un po' complicato, non so se avete presente quando state molto tempo da soli e tutto parla lì nella testa e basta. Intere discussioni, voci accavallate e discorsi mai finiti tutti lì nella testa inesplicabili, codici comunicativi irreali e tutti suoi. Ma dopo appare difficile comunicare con qualsiasi umano, sei un pazzo. Di più v'è proprio un gap comunicativo, una difficoltà d'esprimere qualcosa che, dio santo è ovvio è tutto lì nella testa. E vallo a spiegare a quello lì che è tutto un complesso di cose che fa si che io mi trovi qui. D'altronde la chiamano pazzia. Dico la gente che passa troppo tempo isolata, cioè il problema è tutto lì in discussioni e ammiccamenti, lì al piano di sopra, e tu entri in quella comunicazione altra che diviene difficile poi poter esprimersi secondo il modello logico corrente, sei uno straniero che cerca di orientarsi con quelle poche parole che ricorda di quella lingua umana, cercando di farsi capire. Ma cosa vuoi che ti dica, preferisco star zitto, ho gente qui che parla nella testa. Lo so posso apparire taciturno ed in fondo lo sono, ma spesso lo considero un pregio, il calibrare le parole, specie oggi. "Ma tu non parli mai?" Ma sai, ho un universo che mi parla qui dentro, scusa se non ascolto i tuoi fonemi vivaci. E quindi cosa vuoi che ti dica di più, forse dovrei fare l'attore e lasciarmi parlare incostantemente. Ma queste parole sono colpi di fucile qui dritte allo stomaco, e allora qui io ora taccio.
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sabato 12 dicembre 2009

Inglisc for iu


L'imperialismo si espande anche e sopratutto attraverso il linguaggio. "Le parole sono importanti" diceva Moretti "chi parla male pensa male e vive male". Il linguaggio tutt'altro dall'essere un mero codice comunicativo contiene in se un universo simbolico e culturale, lo sanno bene i mediatori linguistici che non basta tradurre letteralmente qualcosa, bisogna essere in grado di comunicare tutto ciò che c'è dietro alle parole alle espressioni, il suo retroterra culturale. La globalizzazione capitalista quindi si espande nelle sue forme imperiali non solo attraverso il mercato, le guerre, gli stili di vita, ma anche e sopratutto attraverso la lingua, perchè modificare il linguaggio di una popolazione significa stravolgere pesantemente il suo universo simbolico e culturale, significa eliminare sfumature concettuali o immetterne di nuovi, significa rimodellare la descrizione del mondo secondo canoni nuovi. Canoni imposti dal paese dominante. In 1984 la Neolingua aveva la funzione di ristrutturare il pensiero umano secondo i canoni del SocIng, ma non solo, funzione fondamentale era rendere impossibile la creazione di pensieri eretici, per il solo motivo che erano impensabili in quanto indefinibili. "La parola libero esisteva ancora in Neolingua, ma poteva essere usata solo in frasi come "Questo cane è libero da pulci" oppure "Questo campo è libero da erbacce". Ma non poteva essere usata nell'antico significato di "politicamente libero" o "intellettualmente libero" dal momento che la libertà politica ed intellettuale non esisteva più, nemmeno come concetto, ed era quindi, di necessità, priva di una parola per esprimerla [...] La Neolingua era intesa non ad estendere, ma a diminuire le possibilità di pensiero; si veniva incontro a questo fine appunto, indirettamente, col ridurre al minimo la scelta delle parole." La facilità e la noncuranza con cui in Italia, paese in cui pochi conoscono l'inglese, si usa sostituire termini presenti nel vocabolario con più accattivanti suoni anglofoni, la dice tutta sul pericolo non solo linguistico ma evidentemente culturale a cui si va incontro. "Trend negativo io non parlo cosi" diceva sempre il caro Moretti. Ed è con questa incuranza che in conferenze, dibattiti, seminari, assemblee, meeting, club, happy hour e incontri di team, vediamo esplodere una fluorescenza di termini che ci rendono più internescional: alle 10,30 è previsto un coffe break presso la hall del Bad and Breakfast in cui sarà possibile confrontarsi sul Know out dei policy maker del territorio. I manager devono tener conto delle esigenze degli stakeholder nel programmare il proprio business plan attraverso la conoscenza del feedback. Presso l'infopoint potrete rivolgervi in qualsiasi momento o chiamare al numero di Call center in cui una centralinista vi collegherà al server del computer libero. E potrei continuare per ore. All'inizio era solo Ok, poi a partire dalla caduta del muro un'invasione di parole ha attraversato il tacco, sostituendo e strozzando termini ancora troppo latini e tardo romantici per una new economy. La guerra delle parole è appena iniziata tocca a noi resistere, tocca a noi non perpetrare la morte dei termini. Non vorrei che questo appaia come un futile proclama nazionalista, so benissimo come la lingua nasce dall'intreccio culturale, ma l'appiattimento unipolare rende necessaria una strenua difesa. Ogni volta che vi troverete di fronte a inglesismi che vi affrontano, toccherà a voi scegliere quale termine usare, toccherà a voi usare le parole come spadaccini, solo a voi decidere fra coffe breack e pausa caffè, nonsotante il suo suono poco efficente ed italofannullone.
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martedì 8 dicembre 2009

Nel ritmo folle del Jaaazz!


da leggere ascoltando questo brano

"Un'altro Scotch Fred" quello sgabello era troppo poco per due. Scese di soppianto Paul per potersi reggere meglio sulle sue due gambe molli d'alcol. Ma non era facile, no Paul, c'era il Jaaaaazz! "Un'altro Scotch Fred, che questa notte...è Jaaaazz!" quel ghiaccio cosi bianco si chiedeva cosa diavolo ci facesse in quel acquario d'ambra con 40 gradi fumosi di Jaaaazz! Paul non voleva scivolare su quel pavimento appiccicoso d'unto, ma era il Jaaaaaz! era il Jaaaazz! che muoveva le sue gambe molli oh Jaaaazz! Paul si posizionò bene il capello su quel suo capo bollente, la cenere cadeva sola dalla sigaretta immobile sulle labbra di Paul mentre la testa roteava ... Jaaaaz! Quel maledetto Charleston ce l'aveva proprio con lui povero Paul. Ma quella creatura in rosso colpì li dritto nello stomaco l'occhio vibrante di Paul, non sapeva se era Jaaaaazz! Ma era una danza che lo attirò a lei. Povero Paul li incastrato in quello strano incantesimo. Fu un attimo di sguardi fra i due. Non c'erano parole era solo Jaaaazz! Un ritmo primitivo fatto di odori, i due s'annusarono a lungo nel ritmo selvaggio del Jaaaaazz! I suoi capelli bagnati finirono nella bocca del povero Paul che provò a succhiare quella creatura, ma era solo Jaaazz! Il cubetto di ghiaccio esalava il suo ultimo respiro in quell'ardente Scotch, un sorso nella gola arida di Paul d'acqua spigolosa, quello Scotch, era Jaaaaz! Quella fottuta danza volava, il rullante massaggiava quei cuori inermi, quel piano martellava li sulle tempie rigonfie, le sue corde acide. Era Jaazz! i due oramai in trance nella febbre amara del jaaaazz. Labbra secche di Paul. Una goccia di Scotch scivolava su quelle carnose di lei. Fu una leggera pressione fra quelle carni, che scivolarono fluide in quella goccia di Scotch. Nel ritmo folle del Jaaaazz! I due corpi ormai non esistevano più avvinghiati, evaporati nel ritmo caldo del Jaaazz! Povero, innocente Paul, perso in quella tundra fumosa di Jaaaazz! Lingue infuocate sgorganti di saliva mescolavano le loro anime in quel giro di basso che tirava cazzotti lì dritti allo stomaco. In quel locale bagnato di Scotch riscaldati, non esistevano parole, nel ritmo dissacrante del Jaaazz quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare.


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venerdì 4 dicembre 2009

Una 44 magnum al Bari


"Il Bari ha bisogno di una punta decente" Jack lo guardo fisso nelle sue pupille lucide di paura mentre la sua 44 magnum premeva sul suo addome. "Come diavolo pensi che si possa fare un campionato decente senza una cazzo di punta che metta dentro quella merda di palla Tom?!" Tom sudava freddo, in quel fetido garage. Tom non c'entrava niente con quei tipi, Tom non aveva mai avuto a che fare con quegli stronzi, Tom filava dritto, filava, Tom era sempre stato un ragazzo modello, bravo a scuola, brillante al college, un buon lavoro. Ma ora era lì Tom con una 44 magnum sull'addome. Era lì Tom mentre quel pazzo di Jack continuava a guardarlo fisso negli occhi. "Voglio dire, il gioco c'è, porca puttana se c'è, erano anni che non si vedeva un Bari che giocava cosi, è in grado di rincoglionire chiunque, inizia a giocare quella palla e pam-pam-pam-pam, la girano in continuazione finche quei bastardi non capiscono più niente, poi una volta arrivati li sotto porta? Niente. Barreto ormai sbaglia un gol dopo l'altro, iniziano a fare giochini sotto porta, ma cristo buttala dentro no? Buttala! Ormai siamo aggrappati a Kutuzov e ho detto tutto! Per non parlare di Alvarez poi. Capisci serve una merdosa punta li sotto, nient'altro, una merdosa punta del cazzo che la ficchi dentro quella palla! Mi segui Tom? Mi segui?" - Tom con la voce un po' tremante cerco di assecondarlo - "Certo, certo Jack, hai ragione serve una punta, ma sta calmo ora, voglio dire, che bisogno c'è di quella pist..." Jack riprese ad urlare, spostò la 44 magnum dall'addome al collo "Che bisogno c'è Tom! Che bisogno c'è? Te lo dico io che bisogno c'è! Quel cazzo di programma per entrare nella banca dati della PharmPool non entra neanche nel buco del culo di tua madre lo sai lurido stronzo! Che cazzo di programma di merda c'hai venduto fottuta testa di minchia! Pensi che ti paghiamo 100.000 testoni per questo programma del cazzo?!" Tom tremava, non avrebbe dovuto ficcarsi in quel pasticcio, non avrebbe dovuto aver niente a che fare con quella gente, quella è gente cazzuta, gente che spara senza tanti problemi, e lui ora era in un fottutissimo casino, ma 100.000 testoni sono pur sempre 100.000 testoni. Cosa avrebbe potuto dire o fare? in quella situazione di merda? "Scusa Jack ma, giuro ho studiato la banca dati per mesi, quel programma era buono, io stesso ci sono entrato una volta, devono aver cambiato sistema, cazzo non c'è altra soluzione Jack, qualcuno deve aver cantato e quelli hanno cambiato il sistema, o avranno bloccato la banca dati, ti prego Jack, dammi 2 settimane, 2 cazzo di settimane e giuro che trovo il problema". Tom era bagnato fradicio di sudore, se la stava letteralmente facendo addosso, o cristo se se la stava facendo addosso, sentiva i suoi battiti cardiaci riverberarsi lungo la canna della 44 magnum puntata sul collo. Jack voltò la testa per un attimo, come a pensare ciò che gli aveva detto per bene, poi spazientito tolse la 44 magnum dal collo, con la mano destra agguantò Tom per la camicia lo sollevò di qualche centimetro e iniziò a sussurrargli piano "Vuoi dire che mi hanno fottuto e? Vuoi dire qualche stronzo a spifferato tutto? Allora stammi a sentire stronzetto, io ora manderò i miei informatori in giro a scoprire qualcosa, e se scopro che nessuno ha parlato, quant'è vero che questa 44 magnum è in grado di traforarti le palle, io ti vengo a cercare in una settimana e se in questa settimana non sei stato in grado di farmi un cazzo di programma decente in grado di entrare in quella fottuta banca dati. Tu sei morto!" Lo scaraventò per terra e gli lanciò un calcio violento alla bocca dello stomaco. Tom era li dolorante su quel pavimento bagnato, ma vivo, con del sangue che si versava dalla bocca ma vivo cazzo. Jack si diresse verso l'uscita di quel fetido garage, accese la sua Luchy Strike, diede una forte boccata, trattenne un po' il respiro e poi butto fuori. Fuuuuuu! "Te l'ho detto Tom serve una punta al Bari. Serve una cazzo di punta".



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