"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

lunedì 13 dicembre 2010

Unghie sull'Atlantico


Se c’era qualcosa che il capitano Marrison non sopportava erano i mozzi con gli infradito ed i sottoufficiali che si mangiavano le unghie. Ma purtroppo per il capitano Marrison in quella nave erano arruolati i fratelli Carpenson: John e Mattia Carpenson, rispettivamente mozzo con la passione per gli infradito e sottufficiale della marina, noto nelle cronache del suo villaggio per un intervento chirurgico di ricostruzione d’unghie.

Per placare l’ira provocata da quelle due teste di cazzo, il capitano Marrison affogava il suo mal di mare nell’alcol. Proprio così, il capitano Marrison con alle spalle quattromilatrentadue traversate, cinquecentoquarantacinque combattimenti navali, quindici medaglie al valor militare, e tre stelle d’oro della Corona, soffriva di mal di mare. Un segreto che aveva rivelato in vita sua solo ad una persona, durante la prima guerra mondiale, mentre gli premeva il grilletto sulle tempie: era il generale Shwairstel, ufficiale dell’esercito del Kaiser.

Mentre il capitano Marrison era in sottocoperta a sorseggiare il suo whiskey scozzese invecchiato di 30 anni al piano superiore i fratelli Carpenson discutevano animosamente sul campionato inglese di Football. Mattia riteneva che il Manchester United nell’attacco era molto più veloce e preparata del Liverpool a cui invece mancava la necessaria fantasia. John invece riteneva che il Liverpool conservava quel sano spirito proletario che gli conferiva quella forza spartana in grado di spezzare qualsiasi squadra: “Hanno le palle d’acciaio quelli del Liverpool”.

Il capitano Marrison tollerava quei discorsi futili sulla sua nave, diceva che lo spirito di un marinaio in mezzo al mare è teso come quello di un uomo nel momento in cui cade da un dirupo. Per rilassare le corde di una truppa è necessario tranquillizzarsi con le banalità che sanno di quotidiano. Lui invece, il capitano Marrison, sfibrava le corde tese del suo animo attraverso un hobby che si portava dietro da anni, per la precisione dal suo primo viaggio in nave, era il 1890 lui aveva 16 anni e non trovò di meglio da fare per scongiurare le sue paure che tagliarsi le unghie dei piedi e delle mani. Ma una volta terminata quella pratica, seppur condotta con la massima calma e lentezza, dovette arrendersi nel trovare un’altra occupazione che lo rendesse calmo, fu cosi che iniziò a costruire un veliero di unghie. Ora 35 anni dopo era arrivato quasi alla fine dell’opera aveva completato l’intero corpo della nave, gli alberi, le sottocoperte, il bompresso, persino le panche e le sedie erano rifinite nei minimi dettagli, mancavano ancora le ultime vele e le rande. Era fiero il capitano Marrison della sua grande Unghia un’opera che custodiva tutte le sue avventure, i suoi amori, le sue sconfitte, le sue ferite, i tradimenti, le battaglie e le vittorie di 35 anni di marina. Un intero romanzo di unghie. Una vita in quel veliero.

Era mattina il sole splendeva alto sul battello in balia dell’Atlantico il comandante Marrison come ogni mattina usciva a respirare l’aria fortificante dello iodio. Mentre passeggiava sulla stiva notò il sottufficiale Mattia Carpenson mentre strappava dal dito medio della mano destra una linguetta sottilissima di unghia. Alla vista del capitano Marrison, srotolò completamente la linguetta, portò fulmineo la mano destra al cappello, sbatté i tacchi e con una smorfia della bocca sputò via la linguetta. “Buongiorno Capitano!”. Gli occhi del capitano Marrison si infiammarono di sangue, le sopracciglia si allungarono fino a sfiorare il cappello e dal profondo del suo stomaco urlò al sottufficiale Carpenson “Dannazione! Quante volte devo ripeterle che non tollero che su questa nave si manchi di rispetto alle unghie! Lei e tutti quelli come lei strappate dalla carne queste povere creature quando sono ancora in fasce, deboli, indifese, inoffensive, per cosa poi? Per sputacchiarle per terra, quasi fossero un rifiuto della vita, un’incombente presenza di cui vergognarsi e sbarazzarsi. Ma sa che le dico? Che sono le sue unghie a doversi vergognare di lei! Lei non ha neanche la minima idea di quale patrimonio rappresentino le unghie, lei non è degno di portarle le unghie, altro che strapparle” e cosi dicendo si avvicino al suo volto immobile e gocciolante di tremolante sudore, sfoderò dal taschino la sua mano sinistra da cui estrasse il mignolo, radice di un unghia profondissima e tagliente, una lama sporgente dalla sua mano che custodiva anch’essa da 35 anni, si da quel fatidico giorno in cui decise di risparmiare quel solo dito alla tragica decapitazione per onorare tutte le unghie e per conferir loro la giusta dignità e il giusto rispetto. Accarezzando il suo volto impaurito il capitano Marrison sussurrò “quest’unghia ha conosciuto nel medesimo istante il sangue e l’ultimo respiro di Mustafa Baku Hanım, ufficiale della Terza armata Ottomana e nel momento in cui si conficcava nelle sue carni, il capitato Hanim confessò che era un onore morire di quella nobile arma, dopo aver ascoltato la sua storia. Ebbene sottufficiale Carpenson voi non sarete degno di fare una fine simile, in quanto non può il vostro sangue avere l’onore di conoscere quest’unghia né tantomeno di condividere quest’onore con quello del coraggioso capitano Hanim”. Cosi dicendo gli strappò con la sua unghia un pelo sopravissuto alla rasatura. “Stia attento!” .

Il capitano Marrison non aggiunse altro fece due passi sicuri, si abbasso al pavimento e raccolse quella striscia di unghia sacrificata, tornò poi sottocoperta e con la massima serietà la posizionò nel veliero, a far da bandiera in cima all’albero maestro. “La tua prematura caduta non è stata vana, tu rappresenterai il riscatto per tutte quelle che fanno la tua stessa fine precoce. Dimostrerai a tutte che si può essere all’apice di un vascello pure essendo un unghia minuscola e col tuo fiero sventolare indicherai ai marinai la direzione del vento, la rotta da seguire”. Una lacrima solcò il volto del capitano Marrison, cuore duro, animo tenebroso come quello di ogni marinaio temprato dal fruscio del mare, ma dentro quella corazza trovava ancora spazio il gemito di un unghia.

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