"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

mercoledì 20 luglio 2011

Cristiani Metropolitani - II


Il ritorno di Giovanni Battista: Acqua a volontà!
Il profeta giudeo torna a far parlare di sé e battezza un’intera comunità ribelle
di Gioele Maccabì

Cari lettori, poco tempo fa come ricorderete, all’interno delle nostre inchieste dal medioriente, ci siamo occupati degli strani movimenti di queste terre. Non sappiamo se si tratta di mode passeggere, è evidente però come molta gente ed in particolare molti giovani, siano attratti da queste nuove ondate di spiritualismo, i cui confini con la politica restano tutt’ora indecifrabili.
Come ricorderete faro di questo movimento pare essere uno strano personaggio, reduce da un periodo di “riflessione” nel deserto, che si dice portatore di verità nuove e di una nuova via di “salvezza”. Il suo nome è Giovanni Battista e a quanto pare, farà parlare di sé ancora per molto.
È di questa settimana infatti la notizia che il profeta giudeo abbia iniziato, alla moda dei religiosi orientali ed egiziani, a far battezzare i propri adepti.
Breve spiegazione per i nostri lettori: il battesimo altro non è che un’usanza propria di varie religioni mediorientali, le cui origini possono ritrovarsi nei lontani culti egizi e non solo. Consiste in buona sostanza, nell’immergere l’adepto con la testa nell’acqua, per mano di un religioso officiante. Attraverso questa usanza «l'iniziato dopo un periodo d'indottrinamento viene immerso in una vasca contenente acqua lustrale che, cancellando tutte le colpe del passato, gli permette di ricevere come premio la vita eterna se rispetta le regole dettate dalla religione che ha abbracciato» [http://it.wikipedia.org/wiki/Battesimo]
Questa pratica nota anche nella religione giudaica, è stata riproposta dal Battista. Dov’è la novità, direte voi? Ebbene la rivoluzione, o insubordinazione se vogliamo, sta nel fatto che questo rito viene da lui officiato, al di fuori delle regole, dei dettami e della tradizione giudaica. Egli infatti ha iniziato a battezzare gente non già nel nome di Abramo, bensì in una nuova fede, tanto che coloro che si fanno battezzare da Giovanni Battista, lo fanno nel nome di una conversione ad una non meglio identificate fede.
In verità sotto questo punto anche lo stesso Battista appare piuttosto vago e contraddittorio. Egli infatti nega di porre una scissione all’interno della tradizione giudaica, tuttavia pare quasi distaccarsene di fatto, annunciando l’arrivo di un Messia.
Abbiamo quindi provato a fargli qualche domanda, per specificare bene i termini di queste sue parole e lo abbiamo così seguito durante uno delle sue esibizioni battesimali.
Abbiamo tuttavia trovato a proteggerlo numerose guardie del corpo, che ci hanno impedito di avvicinarlo durante tutta la celebrazione. A fine spettacolo però, siamo riusciti ad avvicinarlo e alla nostre richieste di delucidazioni ha risposto: «Mi spiace ma al momento, non posso aggiungere altre dichiarazioni, oltre quelle già dette. Per conto mio le posso assicurare che ciò che dico è tutto vero e saranno i fatti a dimostrarlo. D’altronde la fede di tutta questa gente che lei può constatare di persona, non può essere dettata da futili emozioni e credo siano la prova più vera alle mia parole». Alla nostra insistenza sul significato del Messia ha però sviato con un lapidario no comment.
Abbiamo assistito come detto ad una esibizione pubblica di battesimo. Questo, eseguito categoricamente nel fiume Giordano, assume i tratti di una gioiosa festa. Diversi sono i seguaci accorsi qui per celebrare una conversione, attorniati da musiche improvvisate e girotondi inscenati per l’occasione. A prima vista sembra davvero un campeggio hippie. Dopo il battesimo ogni fedele viene accolto da abbracci, baci e sincere congratulazioni dagli amici e dagli altri fedeli, mentre il Battista dispensa qua e là perle di saggezza.
L’impressione conclusiva di questa giornata e più in generale di questi strani movimenti, resta a voi lettori. Di certo da parte nostra siamo convinti che non sarà certo l’ultima puntata di questa moda che sconvolge, sfugge e destabilizza le tradizioni e l’ordine calmo di queste terre esotiche e millenaristiche.
Non ci resta quindi che aspettare la prossima puntata.

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lunedì 18 luglio 2011

Lettera d'amore odio e cous cous (con solitudine in fa#)


Ora ti starai chiedendo. Ma come si cucina il cous cous di verdure? O di chi è quella canzone che fa – eri triste nel tuo collare a collo alto – No, forse era – comprami un giglio a Palo Alto, saremo io e te una balaustra arrugginita dal sole caldo di libeccio - No scusami, sono serio. Ti starai chiedendo perché scrivo ancora lettere, ostinatamente lettere, inviate per corrispondenza ordinaria al tuo domicilio. Sai non vorrei essere troppo diretto. Non vorrei che fra di noi si fraintendesse la frenesia istantanea di una e-mail. Preferirei decantare le nostre corde nei tempi tecnici di spedizione.

Ora immagino che il postino starà vagliando le lettere in base al Comune di destinazione, mentre io ripenso a qualcosa che ancora non ti ho scritto, eccezion fatta per quella parte di lettera che va da – Ora ti starai chiedendo. Ma come si cucina il cous cous di verdure? – fino a – eccezion fatta per quella parte di lettera che va da - e tutto questo, giuro mi fa impazzire e ancor di più il pensare che non saprò mai il momento preciso in cui leggerai questa lettera, il non sapere esattamente in quel momento cosa farò io.
Ma la cosa che più mi manda in bestia, è il non saper prevedere l’attimo in cui tu coglierai il senso vero di questa lettera, che sarà a te palese nell'istante in cui percepirai un cambio repentino, e nei contenuti e nella forma stessa di questa.
Ma bando alle ciance. Urge che il nostro senso, il mio, il tuo e quello di questa lettera, raggiunga un senso proprio, piuttosto che un ostinato gingillarsi di imbarazzi.
Ti lascio. Mia cara ti lascio. Ecco l’ho scritto.

- Da questa parte in poi è possibile rilevare il cambio repentino della lettera sopra accennato -

Ora come da copione immagino che tu non ti accontenti solo di questa enunciazione diretta e immediata. Sono certo che in virtù del rapporto che ci lega e che ci ha portato a condividere fisicamente e intellettualmente svariati secondi della nostra vita, riassumibili in molteplici minuti, ridotti all’osso di eccessive ore, o se preferisci, diversi giorni intricati in qualche mese e perché no, degli anni; esigi sapere le motivazioni a margine di questa mia ponderata scelta, ebbene te ne do atto, è lecita la tua come richiesta, un’unica cortesia però, non avercela con me per non aver preso il coraggio a due braccia e aver delegato una lettera al posto della mia persona nel dirti tutto questo, credimi, una lettera è degna quanto me di dirti dei miei sentimenti.
Perché dunque: ti lascio. E questo già non è poco, neanche come spiegazione. Ti lascio, mia cara e innanzitutto mi meraviglio di riscoprire così dolce e friabile questa parola, che mi pareva acida e dura, come il caramello indurito.
Ti lascio per il caldo, non sopporto l’averti appiccicata a queste temperature, l’addossarsi dei nostri sudori in abbracci e baci afosi. L’innaturale ostinazione nel voler dormire avvinghiati nello stesso letto, credimi, neanche le zanzare apprezzano tutto questo;
Ti lascio per la tua deprecabile abitudine di gridare – Che hai detto? – quando la mia voce non giunge alle tue orecchie. Avrei preferito piuttosto il far finta di aver sentito;
Ti lascio per la tua moderata passione per i Queen. Lo sai che li detesto;
Ti lascio per quella volta che persi l’ultimo treno a causa del tuo amore clandestino con le vetrine;
Ti lascio per tutte le volte che non mi hai permesso di lasciarti;
Ti lascio per come cucini il cous cous alle verdure;
Ti lascio per come impugni la caffettiera al mattino;
Ti lascio per come dormi al pomeriggio;
Ti lascio per come lavi i piatti;
Ti lascio per come mi hai incasinato il desktop;
Ti lascio per aver fatto amicizia coi miei amici, i quali ora soffriranno del nostro lasciarsi, cazzo vogliono quelli poi? Un giorno lascerò anche loro;
Ti lascio perché ti ostini a chiedermi del fuorigioco. Te l’ho detto, non ne ho idea neanch’io, anzi lo vuoi sapere un segreto? Nessun’uomo lo sa, ma tutti fanno finta di saperlo, compresi gli arbitri;
Ti lascio per la benzina che ho speso per venirti a prendere sotto casa in tutti questi anni, credimi non è una cosa personale, è che i benzinai, il governo, i petrolieri, il capitalismo stesso si frappone a noi. E poi hai idea di quanti danni all’ambiente. Si ok, neanche a me, era giusto per…;
Ti lascio per le tue scarpe, non mi hanno mai convinto fino in fondo;
Ti lascio per la tua spensierata predilezione per i reggae party in spiaggia d’estate, ecco qui il problema è che sono invecchiato male, odio il reggae, detesto la sabbia, disprezzo le zanzare, e maledico la salsedine al mattino. Inoltre, ho un mio conto in sospeso coi giovani e l’alcool, ma vorrei che tu restassi fuori da tutta questa storia;
Ti lascio per come parcheggi, per le spine di pesce, per il pesce che non sai pulire;
Ti lascio per il tuo amore per il fritto, è tutto grasso che cola;
Ti lascio per il caffè che non sai fare, per il bucato che non sai stendere, per i pavimenti che non sai pulire, per il naso che non sai soffiare, per le lacrime che non asciughi. E non darmi del misogino, non ho idea di che significhi;
Ti lascio per come rispondi al telefono;
Ti lascio per come sorridi in foto;
Ti lascio per non aver mai litigato con me, o per lo meno, non come avrei voluto;
Ti lascio per un’altra: la solitudine;
L’altra sera ci siamo amati davvero, come la prima volta. L’abbiamo fatto dieci volte, giuro me lo faceva venire duro come non mai. Non avercela con lei. Lei non ha detto una parola quando l’ho lasciata per te.
Non vorrei che vi conoscesse, certo questo no. Per nulla al mondo permetterei che tu e la mia solitudine vi frequentasse, potrei ammazzarvi.
O meglio ancora. Ammazzarmi.
Ciao cara. Ricordati di mettere le zucchine nel cous cous.

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martedì 12 luglio 2011

Cristiani Metropolitani - I

Ma dove vanno questi giovani? Tra profeti e nuovi guru
Nelle province mediorientali dell’impero strani movimenti si affermano
di Gioele Maccabì


L’idea di un impero globale, in grado di esportare in ogni angolo del Mediterraneo la civiltà romana, era un sogno possibile già ai tempi di Cesare. Oggi si può pagare con la stessa moneta dalle coste del Nord Africa fino alle lande della Caledonia, l’accesso all’acqua è garantita in posti dove, fino all’arrivo delle truppe imperiali, si viveva in condizioni igieniche deprecabili, le città e i commerci sviluppati nei territori ove sino a pochi secoli fa, la vita sociale era nelle caverne. La giustizia latina inoltre, garantisce ovunque la tutela del diritto.
Eppure non è inconsueto sentire dalle province dell’impero, di movimenti spesso giovanili che esprimono il loro distacco, se non aperta ostilità verso Roma e le sue opportunità.
Terreno fertile come è noto, il medioriente con la sua lunga tradizione ebraico-beduina, mischiata con i lontani riti persiani di Zoroastro, rappresenta il centro nevralgico, di questa ondata ribelle.
A Gerusalemme abbiamo conosciuto dei ragazzi, seguaci di uno dei profeti più in voga del momento, che giorno dopo giorno raggiunge sempre più successo verso le masse giovanili e non solo. Il suo nome è Giovanni Battista, ebreo. I suoi tour in giro per la Palestina l’hanno reso sempre più amato. La sua dialettica semplice, diretta e non retorica, pare in grado si scalfire anche i cuori più duri.
Per comprendere le ragioni che spingono questi giovani ad abbandonare lo stile di vita giudaico-romano, per abbracciare queste nuove mode neostoicistiche o postplatoniche, ci siamo recati direttamente in questa terra misteriosa, per scoprire da più vicino le ragioni di questa generazione.
Il primo incontro è stato con un pastore ventitreenne di Betlemme, si chiama Joshua Falkan, sembra molto cordiale e disponibile; le ordinarie basette lunghe ai lati delle orecchie, non desterebbero nessun sospetto sulle sue simpatie filobattistine, eppure è lui a confermarci la sua adorazione per il nuovo profeta: «Per noi rappresenta una nuova idea non convenzionale riguardo ai rapporti umani. Non è precisamente rivoluzionario nel senso politico del termine, quanto in uno più spirituale. La sua parola è in grado di indicarci una via nuova verso cui affermarsi» Josha ha un’aria serena mentre ci dice queste parole. Sembra che ci creda veramente nelle possibilità di risveglio profetizzate dal Battista, alla nostra domanda se non crede che la nuova fede possa rappresentare un pericolo per il benessere e la pacs romana ci risponde sicuro: «A noi non interessa molto la politica. Ogni governo, imperatore, re o repubblica, romana o ebraica che sia, ha sempre portato ingiustizie e sopraffazioni. Noi abbiamo deciso di disinteressarci al potere. Giovanni Battista ci parla spesso di un altro regno che verrà, una Gerusalemme Celeste che non sarà qui fra i mortali, ma nella pace interiore».
Colpiti dalle parole di Josha, abbiamo sentito l’esigenza di interrogare qualcun altro. Nella caotica e brulicante Gerusalemme, abbiamo incontrato Benjamin Kesuah. Un falegname sedicenne, con la passione per il giavellotto e i romanzi di Omero. Tutto ci farebbe desumere uno stile di vita metropolitano e in sintonia con Roma. Nonostante tutto però, anche lui ha trovato in Battista un elemento di spiritualità nuovo e coinvolgente. In particolare Benjamin si dice colpito per la sua storia ed il suo percorso personale, «il pellegrinaggio nel deserto – ci dice - ha fortificato il suo animo e testimonia le possibilità inesplorate dell’esistenza». Una delle esperienze mistiche di Giovanni Battista infatti, è stato il deserto. Elemento chiave per il suo percorso filosofico. Nel suo lungo vagare, attorniato da file di supporter, afferma la venuta del Messia - testuali parole - «in grado di togliere i peccati dal mondo». Non è chiaro il senso profondo di queste frasi, ma i Battistini sono convinti di identificare in queste affermazioni, l’esigenza di un mondo più vero, non ostacolato dal potere, dai soldi, dallo schiavismo e dalle ingiustizie del mondo moderno. Piuttosto da una riscoperta spiritualità ed «uguaglianza fra gli uomini» (sic) .
Questo però dei seguaci di Giovanni Battista, rappresenta solo l’ultima moda, in ordine di tempo, in questa terra caleidoscopica che è la Palestina.
A questo punto però una domanda ci è sorta spontanea: di questo nuovo stile di vita, cosa ne pensano gli eredi del regno di David? È conciliabile la dottrina ebraica con queste manifestazioni giovanili? O sono magari dei pericolosi epigoni? E nei riguardi di Roma, c’è da preoccuparsi? Sono inguaribili rivoluzionari o solo sognatori? Anche a queste domande, abbiamo trovato risposte diverse.
Un pescatore di Gaza, che preferisce l’anonimato, ci confida di non aver paura di questi giovani. «È normale alla loro età avere idee anticonformiste, essere un po’ sognatori. Ma vedrete che col tempo torneranno ad essere dei buoni giudei. Anzi, credo che possano anche portare nuove innovazioni nella legge di Abramo»
Un anziano calzolaio cinquantenne di Haifa invece, non è della stessa opinione. «Questi giovani portano solo disordine e immoralità. Persino la sacra legge della Talmud è messa sotto i piedi da questi depravati capelloni. È ora che il prefetto faccia qualcosa!»
Già il prefetto, nella nostra indagine non abbiamo potuto non ascoltare la sua voce. Il dott.Valerio Grato, intervistato da noi, tuttavia rassicura: «Stiamo parlando di movimenti molto marginali e sempre sotto controllo. L’ordine ricevuto anche da Roma, è quello di evitare di avere un atteggiamento pregiudizialmente duro, nei confronti di costoro. Dopotutto, sinché non violano la legge di Cesare e la quieta pubblica, è un fenomeno tutto sommato tollerabile».
Il fenomeno quindi resta sotto osservazione e la domanda legittima, sul motivo di questa insofferenza e sulla distanza che li separa dall’ordine dei loro padri, sarà forse spiegata dalla classica irrequietezza giovanile di questi anni. Resta comunque valida la necessità di controllo, affinché la libertà d’espressione garantita in Giudea e nell’Impero, non pregiudichi la rettitudine e il buon ordine che ci ha resi grandi nel mondo.

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martedì 5 luglio 2011

Canzone d'@more


Cerco l’establishment tutto l’anno e all’improvviso eccolo là.
Lei ha investito in Lemhan Brothers e io sono socio qua giù in China.
Sento fischiare sotto i tetti. È il popolino che se ne va.
Assurdo il chiacchiericcio è troppo assurdo e insulso per me.
Mi accorgo di non avere più rivolte senza i self made man.
E allora io quasi quasi prendo un golpe e vengo vengo da te.
Ma il golpe dei desideri. Coi miei massoni all’incontrario và.

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