"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

venerdì 30 marzo 2012

Un anno in Postribulo


Tutto è iniziato per caso. Come la vita impone, il vento, le burrasche e sopratutto i silenzi, che si susseguono sempre, fino a poter convivere.
Tutto è iniziato un anno fa, qualcosa di più a dire il vero.
Ho aperto un profilo su Tumblr, che in realtà conoscevo solo dal di fuori. L'esigenza intestina era quella di esprimermi nella maggior contrazione possibile. Poter danzare coi suoni delle parole, che valgono più di cento significati. Poter asciugare, concentrare, succhiare, liofilizzare i fiumi in pochi suoni.
L'ho chiamato Postribulo. Anche questo battesimo è avvenuto per caso. Credo che il caso, quello vero, quello che non ha nulla a che vedere con una sorta di destinazione o predestinazione, ma che sussurra senza la pesantezza dei discorsi e delle intenzioni che finiscono per dimenticare tutto e lasciarsi trapassare dalle parole, solo quel caso può diventare vento e trovare un senso continuamente.
In quei giorni, un illustre uomo politico italiano, chiamò ad una seguita trasmissione televisiva, apostrofandola come un "incredibile postribulo televisivo".
Quella parola, così desueta e al tempo stesso ripetuta più e più volte dai mezzi di informazione, ha finito per liberarsi dal peso del suo significato, ed ha conservato solo il suo suono, molto più casto e pungente.
Il senso poi, come sempre, insegue il suono, dopo il caso. Col tempo è tornata viva quella parola,   molto più di prima - La vita è un postribulo, le parole possono esserlo e Tumblr sicuramente lo è -
Il mio ritmo si è ritrovato a sopraffare il mezzo, che per quel ritmo è stato comunque meraviglioso. Libero dal reblog compulsivo, dal caos istantaneo, dal ricorrersi incessante di una dashboard. Tutto ancora per caso fu scalfito dall'inizio.

Un post al giorno.
Brevi composizioni di suoni.
In ossequio all'irrappresentabile.
Una metrica essenziale.
Scarno come un fiume.
Travolgente come un deserto.

È tutto lì, il testamento di Postribulo.
Giornalmente lasciare segni. Che i giorni non sono mai uguali a sé stessi. Le ispirazioni non si lascino adorare, anche la noia e la stanchezza, il vuoto e l'inutilità hanno il loro da dire o da non dire.
Contare le parole, contare i segni, contare i giorni, contare i passi, contarsi e contrarsi. Uno, due, tre, quattro, cinque, centodue, centodiciotto, duecentosessantanove, trecentoquindici. Trecentosessantacinque.

Non abbiate fede.
Che i numeri durino in eterno.
Nonostante siano infiniti.
Sono fatti per contare.
Arginare finire e colonizzare.
Ogni cosa.

Non può essere eterno un esperimento, non si può contare all'infinito, non può un giorno, vivere oltre l'anno. Non si può che finire a 365, ogni quattr'anni una piccola eccezione, niente più.

Si muore per poter resuscitare e dirsi, in qualche modo. Dirsi e dondolarsi dei sottofondi.
Si assumono nuove maschere, che non sono mai maschere ma parzialità su cui ci si adagia.
Si indossano cappelli per vanto o per nostalgia, baffi a protezione di ogni discorso.
Re suscito alla ricerca di un corpo.



(E ringrazio il mio pubblico che è stato parte dell'esperimento, la mia segreta assaggiatrice di bozze. Ringrazio i pornografi, le quindicenni ribelli, le casalinghe frustate (sic), le amanti del sadomaso, i feticisti delle merci, i fotofelinici, gli ermetici boccacceschi e  le casse armoniche da giardino; chi mi ha seguito con trasporto e chi è venuto a piedi, chi mi ha scovato, mi ha perso, ritrovato e poi abbandonato. Chi ha trovato musica in ogni parola, e per questo non posso che commuovermi.)


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venerdì 9 marzo 2012

Scansioni vitali


Non ricordo neanche come, da un giorno all'altro, mi ritrovai a scansionare faldoni di documenti. 
Ero rinchiuso in fondo, nel gabbiotto pausa caffè-fotocopie-sigarette. Ero spietatamente ligio nella ricerca dell'alienazione macchinosa da lavoro. Diventare automa, privarsi di intoppi, di intralci, rimodulare gli errori di sistema. Qualche sorrisino, occhi bassi, voce cauta, nessuna confidenza. Ho una mia idea riguardo al lavoro, o meglio un istinto naturale: il lavoro è svendere il proprio corpo e il proprio tempo, che lo prenda pure allora, ma avrà solo quello, niente confidenze niente sentimentalismi. Non sopporto quei rapporti in cattività.
In quella stanza era un via vai continuo che non avrebbe distratto il mio Stachanov implacabile. Lo dicevo sempre a chi potevo, fuori di lì - mai scegliere un lavoro che ti piace, finisce per penetrarti dentro e spolparti vivo, toglierti l'anima e farti ritrovare nudo - no, avranno il mio corpo, ma non la mia anima.
Gli odori si susseguivano frenetici, creme per il viso, calendule e cenere schiacciata, dopobarba, deodoranti acidi, maglioni acrilici sudati e subordinati, freddo e posacenere, chiacchiere femminili intrise di nicotina. Gobbe da scrivania, culi insormontabili e abnormi che certificavano le anzianità. Erano piante che inseguendo il sole finivano per contorcersi ovunque. Ma la luce era il lavoro, lo stesso a cui hanno svenduto il corpo, poi il tempo, poi una volta tornati a casa, una volta seppelliti nel letto, una volta rialzati alla mattina,una volta uccisa definitivamente l'anima, svendevano anche quel cadavere. Tosse automatica a gettoni.

Mentre il lavoro imbarbariva tutti, rendendo sopportabile il morire di attese.
Mentre le domeniche erano santificate alla pausa pranzo.
Ad un tempo terminato per poterlo cibare.
Ad una alienazione che ha bisogno di pause per potersi celebrare.
Di una cadenza, di una danza, di un'adunanza senza distanza.
Il tempo incalza, ruba gli attimi. Tempo in corsa sui premi produzione.
Una sveglia al mattino, timbro di vita, obliterata all'alba.

Bisognerebbe davvero essere immortali.
Per sprecare la propria vita, continuamente.

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venerdì 2 marzo 2012

Schedario


Sia al riparo il lunedì
Abbia fede il martedì
Navighi saldo il mercoledì
Ruggisca pure il giovedì
Non si illuda il venerdì
Si smarrisca il sabato
Preghi le angosce la domenica.

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